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Film, libri e musica

Sa Dingding: etnicità nel pop cinese.

Sà Dǐngdǐng 萨顶顶, nome d’arte di Zhōu péng 周鹏, è una cantante e compositrice musicale cinese nata nel 1983, lanciatasi sulle scene per la prima volta nel 2001 con un pezzo dance dal nome Dōng bā lā 咚巴啦, il quale portò l’artista diciottenne a vincere il premio come miglior artista dance cinese dell’anno.

Il successo vero e proprio arrivò però a partire dal 2007, con un cambio radicale del look e dello stile musicale proposto. La canzone Alive (in cinese Wàn wù shēng 万物生, la quale esiste in due versioni, una in cinese e una in sanscrito) divenne di grandissima popolarità in tutta la Cina, portando Sa Dingding ad essere conosciuta anche a livello internazionale, tanto che diversi album dell’artista iniziarono ad essere pubblicati in Occidente in versioni che presentavano i titoli delle canzoni in inglese. Ad oggi, Alive rimane la canzone più conosciuta della cantante, la quale ha continuato a sfornire ottimi pezzi musicali negli anni successivi. Nel nuovo stile proposto l’artista canta in cinese, tibetano, sanscrito, in alcune lingue morte come il Laghu e in una lingua inventata dalla stessa cantante per esprimere al meglio le proprie emozioni all’interno delle canzoni. Sa Dingding ha affermato che “non c’è modo più naturale di esprimersi per me che utilizzare una lingua inventata da me stessa. Questo permette agli ascoltatori di usare l’immaginazione per capire a fondo cosa dice una canzone. Ognuno di essi alla fine coglie qualcosa di diverso”. La musica proposta dalla cantante si distacca da quello che è il pop mainstream cinese e, come ha sottolineato lei stessa, cerca di apportarci un po’ di originalità e di innovazione.

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Si tratta di brani musicali dal forte sapore etnico, caratterizzati dall’alternanza di strumenti tradizionali a suoni elettronici e moderni, con testi spesso complessi ed evocativi. Personalmente entrai a conoscenza di questa cantante durante un viaggio in Cina, innamorandomi immediatamente della sua voce particolare e dei suoi contrasti musicali. A colpirmi fu in primo luogo il brano Capricorn (Lái zhě mó jié 来者摩羯), ma sono moltissime le canzoni che meritano di essere citate, tra le quali troviamo Ha Ha Li Li (Tiān dì jì 天地记) dal video dark e i testi psichedelici. Tra gli ultimi brani di maggiore popolarità troviamo due canzoni utilizzate come colonna sonora di due serie tv ovvero il brano Xuán zhī yòu xuán 玄之又玄 e Zuǒ shǒu zhǐ yuè 左手指月.

Le canzoni nascono generalmente dai numerosi viaggi compiuti dall’artista nelle più svariati parti della Cina, dal Tibet alla Mongolia Interna, dalle campagne dello Yunnan a Pechino. Something Like a Shadow is Following You (in cinese Rú yǐng suí xíng 如影随形) è un brano che accosta l’Inno alla gioia a cori orientali. Nacque da una visita dell’artista a un piccolo villaggio abitato dalla minoranza etnica cinese Miao. In tale villaggio, infatti, Sa Dingding udì un coro di persone cantare la Sinfonia n.9 di Beethoven. L’artista è anche spesso disegnatrice degli stessi abiti scenografici che indossa nelle foto ufficiali e durante le sue performance dal vivo. La cantante ha affermato in un’intervista di non volersi soffermare esclusivamente sulle influenze musicali etniche cinesi, ma di volersi aprire in futuro anche a quelle arabe e africane.

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Nel febbraio del 2016 Sa Dingding finì sulle testate di molti giornali in quanto, durante una performance televisiva sulla CCTV, iniziò a cantare tenendo il microfono al contrario, rivelando così di cantare in playback (qui il video). In Cina, dopo le critiche a seguito delle esibizioni tenutesi per le Olimpiadi del 2009, cantare in playback è vietato e i cantanti che lo fanno rischiano di essere multati. Nonostante questo sono ancora molti i programmi che invitano i cantanti a farlo e, nel caso di Sa Dingding, non si sa di chi sia stata la scelta, se sua o imposta. Lo stesso commento fatto dalla cantante sulla sua pagina Weibo poco dopo l’esibizione, ovvero “A quanto pare dovrò imparare a recitare meglio”, è scomparso dopo poche ore.

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Per chi volesse fare un po' di esercizio linguistico, vi saluto con il testo di Zuǒ shǒu zhǐ yuè 左手指月:

 

左手握大地右手握着天 zuǒ shǒu wò dà dì yòu shǒu wò zhe tiān

掌纹裂出了十方的闪电   zhǎng wén liè chū le shí fāng de shǎn diàn

把时光匆匆兑换成了年   bǎ shí guāng cōng cōng duì huàn chéng le nián

三千世 如所不见   sān qiān shì rú suǒ bù jiàn

左手拈着花右手舞着剑   zuǒ shǒu niān zhe huā yòu shǒu wǔ zhe jiàn

眉间落下了一万年的雪   méi jiān luò xià le yī wàn nián de xuě

一滴泪 啊啊啊   yī dī lèi ā ā ā

那是我 啊啊啊   nà shì wǒ ā ā ā

 

左手一弹指右手弹着弦   zuǒ shǒu yī dàn zhǐ yòu shǒu dàn zhe xián

舟楫摆渡在忘川的水间   zhōu jí bǎi dù zài wàng chuān de shuǐ jiān

当烦恼能开出一朵红莲   dāng fán nǎo néng kāi chū yī duǒ hóng lián

莫停歇 给我杂念   mò tíng xiē gěi wǒ zá niàn

左手指着月右手取红线   zuǒ shǒu zhǐ zhe yuè yòu shǒu qǔ hóng xiàn

赐予你和我如愿的情缘   cì yǔ nǐ hé wǒ rú yuàn de qíng yuán

月光中 啊啊啊   yuè guāng zhōng ā ā ā

你和我 啊啊啊   nǐ hé wǒ ā ā ā

 

左手化成羽右手成鳞片   zuǒ shǒu huà chéng yǔ yòu shǒu chéng lín piàn

某世在云上某世在林间   mǒu shì zài yún shàng mǒu shì zài lín jiān

愿随你用一粒微尘的模样  yuàn suí nǐ yòng yī lì wēi chén de mó yàng

在所有 尘世浮现   zài suǒ yǒu chén shì fú xiàn

我左手拿起你右手放下你   wǒ zuǒ shǒu ná qǐ nǐ yòu shǒu fàng xià nǐ

合掌时你全部被收回心间   hé zhǎng shí nǐ quán bù bèi shōu huí xīn jiān

一炷香 啊啊啊   yī zhù xiāng ā ā ā

 

你是我 无二无别   nǐ shì wǒ wú èr wú bié

 

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“Tra Cina e Italia” punta ad essere un punto di riferimento, in particolare (ma non solo) per coloro situati tra Modena e Reggio Emilia, per coloro che vogliono capire di più o per quelli che hanno a che fare con il mondo cinese. Quello che sogno è di riuscire a portare un po’ di Cina autentica anche qui, avvicinando le persone a un mondo di cui sanno molto poco o di cui hanno una visione non sempre corrispondente alla realtà. Sul sito verranno pubblicati regolarmente post che parlano della Cina e che vorrei condividere con tutti coloro che condividono questa passione. Dalla cultura al cibo, dalla lingua ai viaggi. Cercherò di inserire nei post anche alcuni scatti a cui sono particolarmente legato, scelti tra le migliaia di foto fatte in questi anni. “Tra Cina e Italia” offre diversi servizi, come per esempio corsi di lingua cinese (sia per privati che per aziende) o di italiano per cinesi. Servizi di traduzione ed interpretariato, così come di accompagnatore viaggi. Corsi e serate, portate avanti insieme ad un cuoco professionista, per imparare a cucinare il cibo cinese (quello vero). Si organizzano anche eventi dedicati all’approfondimento della cultura e della società cinese.

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"Una vita cinese" di Li Kunwu e P.Otié

Li Kunwu 李昆武 è un artista, disegnatore di poster di propaganda e vignettista del quotidiano Yunnan Daily 云南日报. Nato nel 1955 a Kunming, capoluogo della provincia dello Yunnan, nella Cina meridionale, fa parte della generazione che ha visto la sua esistenza travolta in più di un’occasione dalle ondate della turbolenta storia cinese del Novecento. Specializzato in cartoon di propaganda, oggi lavora allo studio delle minoranze etniche e culturali nella propria provincia, una delle più diversificate del Paese.

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Una vita cinese è un fumetto in tre volumi disegnato da lui stesso e scritto insieme al francese Philippe Ôtié. I tre volumi che costituiscono l’opera (1. Il tempo del padre, 2. Il tempo del Partito, 3. Il tempo del denaro) ci permettono di rivivere le fasi più importanti della storia cinese dal 1950 ai giorni nostri da una prospettiva particolarmente umana, vicina ai sentimenti, agli entusiasmi e alle tragedie del popolo. I tre volumi non sono un’opera di denuncia ma di ricostruzione storica. Il tratto dell’artista è nervoso e in certi punti si avvicina al grottesco.

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Il primo volume ci narra degli eventi della rivoluzione culturale e del grande balzo in avanti. L’euforia che le politiche adottate scatenano nella popolazione e le tragiche conseguenze che ne derivano. Tra queste colpiscono in particolare le vignette che ritraggono la distruzione di quelle che sono le proprie tradizioni, bruciando edifici e oggetti appartenenti a tempi passati e visti in contrasto con la costruzione di una nuova Cina. Il testo si conclude con la morte di Mao, che lascia il popolo cinese in stato di shock, senza più il Grande Timoniere da seguire.

 

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Il secondo volume si apre nel 1976. La Cina è in lutto. Inizia a tirare una nuova aria e molti sbagli del passato vengono imputati alla banda dei quattro. Mentre il padre si trova in un campo di rieducazione e la sua famiglia è sparsa per la Cina per seguire il modello rivoluzionario, arriva il momento per il protagonista di entrare nel Partito. La Cina, grazie alle politiche di Deng Xiaoping, inizia ad aprirsi. Arrivano i primi stranieri e le abitudini di vita dei cinesi subiscono nuovamente un radicale cambiamento. Anche in questo volume Li Kunwu riesce a colpire nel segno, anche quando il silenzio regna sovrano. È il caso dell’incontro di una coppia dopo dieci anni di distanza, in cui le parole non sono facili da trovare. Le vignette però, raffiguranti il loro primo pranzo insieme e qualche semplice gesto con le bacchette, riescono ad avere una forte carica emotiva.

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Il tempo del denaro è il volume con cui Li Kunwu ci porta ai giorni nostri. Si parte dal 1982. I timori e le aspirazioni dell’epoca, frutto dei cambiamenti del periodo, fanno da protagonisti. Il denaro diventa il Dio da seguire e ognuno cerca di escogitare un modo per arricchirsi. Ci vengono raccontate le stesse storie che Li Kunwu doveva rappresentare per lo Yunnan Daily. Storie di poveracci e contadini che sono diventati industriali di fama nazionale, passando dal lavorare nelle risaie o dal raccogliere ferrivecchi a stringere accordi con le principali multinazionali di tutto il mondo. Le città cinese diventano veri e propri cantieri dove nuovi grattacieli vengono costruiti e le vecchie case abbattute. Mentre da un lato si riscoprono elementi tradizionali abbandonati con la rivoluzione culturale, la modernità continua a farsi strada abbattendo ogni ostacolo sul suo cammino, come accade ancora in questi anni in Cina.

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Mi sono imbattuto in questa sua autobiografia a fumetti per caso. Avevo tre ore libere da una lezione all’altra e dovevo cercare un modo per far passare il tempo. Da bravo libromane, il mio primo pensiero è stato quello di andare in biblioteca a scoprire nuove letture. Non sono mai stato un grandissimo fan dei fumetti. A dirla tutta, mi sono avvicinato un po’ diffidente a questa lettura, posizionata in bella vista sullo stand degli ultimi arrivi. Mi ha rapito. È stato come una di quelle classiche scene cinematografiche in cui si viene risucchiati all’interno del libro. Riesci a percepire la verità dietro alle immagini e alle parole, l’emozione e il disagio che a volte si provano a raccontare cose del proprio passato. Penso che sia così che ci si debba rapportare alla storia, lontani da una memorizzazione meccanica di date ed eventi in successione. Dalla lettura di testi come Una vita cinese si impara molto, non solo riguardo ad eventi storici di grandissima importanza, ma anche alla natura umana, fragile e piena di ombre ma con una forza tale da stravolgere il suo stesso mondo.

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“Tra Cina e Italia” punta ad essere un punto di riferimento, in particolare (ma non solo) per coloro situati tra Modena e Reggio Emilia, per coloro che vogliono capire di più o per quelli che hanno a che fare con il mondo cinese. Quello che sogno è di riuscire a portare un po’ di Cina autentica anche qui, avvicinando le persone a un mondo di cui sanno molto poco o di cui hanno una visione non sempre corrispondente alla realtà. Sul sito verranno pubblicati regolarmente post che parlano della Cina e che vorrei condividere con tutti coloro che condividono questa passione. Dalla cultura al cibo, dalla lingua ai viaggi. Cercherò di inserire nei post anche alcuni scatti a cui sono particolarmente legato, scelti tra le migliaia di foto fatte in questi anni. “Tra Cina e Italia” offre diversi servizi, come per esempio corsi di lingua cinese (sia per privati che per aziende) o di italiano per cinesi. Servizi di traduzione ed interpretariato, così come di accompagnatore viaggi. Corsi e serate, portate avanti insieme ad un cuoco professionista, per imparare a cucinare il cibo cinese (quello vero). Si organizzano anche eventi dedicati all’approfondimento della cultura e della società cinese.

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Bamboo Hirst - Una vita tra Cina e Italia

"Andare nelle piccole città, piccolissime, dove trovi l'anima della Cina. Dove ti guardano e sorridono. Cercare quel piccolo contatto che è un massaggio, un'agopuntura. Assaggiare le diverse qualità di tè. Ecco, per capire la Cina potrei dire solo questo." - Bamboo Hirst -

Bamboo Hirst, nata a Shanghai nel 1940 da madre cinese e padre italiano, è stata la prima scrittrice di origine cinese a scrivere in italiano. Come succede spesso nella scrittura migrante, le sue opere hanno una fortissima componente autobiografica. Bamboo Hirst, inoltre, è stata una delle scrittrici migranti di origine cinese più produttive per quanto riguarda il numero delle opere letterarie scritte, raggiungendo una discreta notorietà. Tramite i suoi racconti possiamo assistere con i nostri occhi alla scissione interiore dell’autrice. Bamboo Hirst infatti, nonostante abbia passato la maggior parte della sua vita in Europa (vive attualmente a Londra), non ha mai dimenticato la Cina, dove è rimasta fino all’età di 13 anni. A causa di motivi politici e per la sua stessa sicurezza venne fatta salire su una nave greca nel 1953 e dopo settanta giorni di navigazione arrivò finalmente a Napoli. Quei primi anni di vita, le cose vissute e viste da bambina, hanno avuto un grandissimo impatto sulla sua crescita e sulla sua ricerca di un’identità. Lo spaesamento, spesso comune a tutti coloro che passano tanto tempo all’estero, è protagonista di molti momenti della sua vita, reso ancora più forte dalla natura bi-culturale dell’autrice. La sua parte cinese sembra sempre, alla fine, prevalere su quella italiana. Bamboo, crescendo, impara a fare di questa sua doppia natura un grande motivo di orgoglio e di valore. Inizia ad accentuare i suoi tratti cinesi con il trucco, a vestirsi in molte occasioni con abiti tradizionali e a studiare per migliorare la scrittura dei caratteri. Capisce che il suo essere diversa, vissuto da tanti nella stessa situazione con grande difficoltà, è invece il suo punto di forza, ciò che la rende unica e speciale.

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Il suo appartenere a due mondi contrapposti, oriente ed occidente, diventa il filo conduttore delle sue opere e la porta ad avere un’identità profondamente divisa. Questo coinvolge moltissimi aspetti della sua vita. Da una prospettiva di tipo religioso è influenzata dalle credenze buddhiste della famiglia della madre e di quelle cristiano-cattoliche degli istituti che frequenta da bambina, entrambe mescolate a superstizioni e credenze popolari cinesi. Da un punto di vista linguistico invece l’autrice è divisa tra il dialetto di Shanghai, l’italiano, il cinese mandarino che ha imparato grazie a corsi serali in Italia, l’inglese e il francese, studiate durante il soggiorno negli istituti cattolici.

"In Cina non bisognerebbe avere fretta. Si dovrebbe viaggiare seguendo il corso dei fiumi, fermandosi nei villaggi. Alloggiare nei monasteri, magari raccogliersi in meditazione nel cortile di un tempio. Il problema è che prima dovremmo sapere chi siamo e come vogliamo affrontare il viaggio. Il viaggio è la realizzazione di un pensiero." - Bamboo Hirst -

Il debutto letterario nel panorama italiano è nel 1986 con la pubblicazione del suo primo romanzo autobiografico, Inchiostro di Cina. Nel romanzo l’autrice parla del suo arrivo in Italia, dei suoi ricordi legati alla Cina e del suo imparare a conoscere l’Occidente, così come del suo matrimonio e della sua carriera nel mondo della moda. Tramite la memoria e la scrittura Bamboo Hirst, abbandonato anche il suo vecchio nome, combatte per ricomporre una difficile identità. A questo romanzo segue Il mondo oltre il fiume dei peschi in fiore: viaggio attraverso la Cina (1989) e successivamente Cartoline da Pechino: emozioni e colori cinesi (1994).  È stato proprio con quest’ultimo lavoro che sono venuto a conoscenza di questa scrittrice. In totale fase di nostalgia per la Cina, che chi ha vissuto là per tanto tempo penso si porti per sempre dietro, il libro di Bamboo Hirst mi ha aiutato a tornare ad immergermi in quella realtà così lontana ma che ho sempre amato fin da bambino. La cosa che mi ha più affascinato è il mondo di usanze, superstizioni e credenze che ci viene descritto, ormai sempre più difficile da incontrare in Cina. È la Cina degli anziani e dei contadini, dei treni a vapore e di un rumoroso ma allegro disordine. Si tratta di impressioni vive, raccolte nel momento in cui le provava e scritte dove le capitava: sul tavolino di un treno, sul muretto di un tempio o sul sedile di un taxi. Il contrasto tra i ricordi di una Cina passata e quella degli anni novanta in cui ha compiuto il viaggio è forte, se confrontato con la Cina degli ultimi dieci anni è immenso.

"In Cina l'euroasiatico è considerato l'amalgama di due semisfere, quella d'Oriente e quella d'Occidente, perpetuamente in bilico tra questi due mondi, perpetuamente lacerato da due poli, il principio dello Yin e il principio dello Yang." - Bamboo Hirst -

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Tra gli altri romanzi dell’autrice troviamo Passaggio a Shanghai (1991), in cui racconta la storia d'amore tra i suoi genitori, e Figlie della Cina (2002), una riflessione sulla condizione della donna cinese. Blu Cina (2005), tra le sue opere più acclamate (è stata tradotta anche in inglese e in cinese), sembra voler raccogliere tutto quello detto fino a quel momento. Vado a Shanghai a comprarmi un cappello (2008), una ricostruzione della Shanghai degli anni '30-'40 e L'ultimo ballo nella città proibita (2013), la storia di Agnes Smedley, fiera donna americana che dedicò gran parte della sua vita alla Cina, sono ad oggi le sue ultime opere.

"Bisogna mescolarsi nella quotidianità con altre culture, meticciare di più. Bisogna dare a questo termine un significato positivo. Per tutta la vita ho viaggiato mossa da un senso confuciano di dovere, per cercare di capire e scoprire. Adesso sono più taoista, sono stanca di essere disciplinata. Ora viaggio per curiosità, per realizzare i miei sogni. Adesso vorrei vedere il deserto. Da piccola mi perdevo appoggiata a una finestra da dove si vedeva un'immensa risaia. Sogno le dune del deserto perché penso a un'immensa risaia, solo diversa." - Bamboo Hirst -

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Gong Li: attrice icona del cinema cinese

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“La bellezza, per me, non ha mai a che fare con il solo aspetto. È tutta la persona. Bello è ciò che appariamo e ciò che siamo, credo davvero che sia la nostra interiorità. È legata perfino a come siamo capaci di fare il nostro lavoro, alla bellezza che siamo capaci di trarne.”

In Italia non si conosce molto del cinema cinese. Anche se alcuni titoli come La tigre e il dragone o La foresta dei pugnali volanti possono venire in mente non solo agli appassionati di Cina, in generale se ne conosce ben poco. I film cinesi che, raramente, vengono scelti per essere doppiati e distribuiti anche in Italia appartengono spesso a due categorie:

- film di arti marziali intrisi di elementi cinesi e storici

- film drammatici dalla grande forza struggente.

Senza dimenticare chi si confonde e a sentir parlare di cinema cinese ricorda subito l’ondata di film horror orientali (come The Ring, Phone, Two Sisters ecc.) a cui abbiamo assistito alcuni anni fa, i quali però sono per la maggior parte giapponesi e coreani (o al massimo di Hong Kong, come The Eye). Il cinema cinese però sforna film senza sosta. Solo nel 2017 in Cina sono stati prodotti circa 800 lungometraggi dei generi più disparati.

Anche di attori cinesi ne conosciamo pochi. Gli unici nomi conosciuti dalle persone con cui mi capita di affrontare l’argomento sono spesso Bruce Lee, Jackie Chan, “quella che ha fatto Memorie di una geisha” (Zhang Ziyi) o “quella di Lanterne Rosse” (Gong Li). Cerchiamo di coprire qualche lacuna parlando proprio di quest’ultima, attrice icona del cinema cinese e simbolo della rinascita cinematografica pechinese, protagonista di importantissimi film nella storia del cinema orientale.

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Gong Li è nata il 31 dicembre 1965 a Shenyang, nella provincia del Liaoning, nel nord della Cina ma è cresciuta a Jinan, nello Shandong. La più giovane di cinque figli, è cresciuta circondata dalla cultura e dai libri. “I miei genitori erano entrambi insegnanti, ed io ero la più piccola tra i miei fratelli, che oggi sono tutti o insegnanti o medici. Anni fa io dissi ai miei genitori: “Non sarò né medico né insegnante, voglio lavorare nelle arti”. E loro - cosa incredibilmente audace e moderna per i loro tempi - mi diedero la libertà di fare e di essere ciò che volevo. Sono andata all’università nel 1985, e in quegli anni i miei coetanei davano ancora molto ascolto ai loro genitori, facevano quello che i genitori si aspettavano che loro facessero. Io ero forse la sola a potermi esprimere come volevo, ad avere quella libertà. È questo ad aver fatto di me quello che sono. Ha forgiato la mia personalità, la mia indipendenza.” In numerose interviste Gong Li ha ribadito come i suoi genitori, a differenza della società di allora e di oggi, dessero sempre più importanza alla bellezza interiore rispetto a quella esteriore. Questo ha avuto un grande impatto su di lei e su come si pone ai personaggi che deve interpretare. “Quando ho detto ai miei genitori che volevo diventare un’attrice hanno esitato moltissimo. […] A quei tempi, e in fondo ancora ora, l’ideale tradizionale di bellezza femminile, in Cina, era questo: occhi grandissimi in un viso molto piccolo, bocca altrettanto piccola. Io, di sicuro, non incarno quell’ideale di bellezza classica cinese. Insomma, i miei genitori temevano che io non fossi abbastanza bella per il tipo di carriera che mi ero messa in testa. Quello che mi hanno detto perciò è “Sii molto paziente, tieni duro, combatti con tutte le tue forze, non ti scoraggiare. Anche se non ce la farai ad entrare in questo corso universitario per attori, potrai sempre diventare una insegnante di teatro o di musica. È probabile che tu non diventerai un’artista, ma potrai insegnare agli altri come diventarlo. […] La bellezza, per me, non ha mai a che fare con il solo aspetto. È tutta la persona. Bello è ciò che appariamo e ciò che siamo, credo davvero che sia la nostra interiorità. È legata perfino a come siamo capaci di fare il nostro lavoro, alla bellezza che siamo capaci di trarne.

Durante i suoi ultimi anni da studentessa, nel 1987, venne notata dall'ancora sconosciuto regista Zhāng Yìmóu, il quale la inserì nel cast di Sorgo Rosso, primo film della futura star. Da quel momento in poi il suo nome e quello del regista, legati in quegli anni anche da una relazione sentimentale, saranno inscindibili. Lei sarà infatti l'abituale protagonista delle sue pellicole e lui il suo pigmalione. Una lunga serie di film tra i quali ricordiamo per esempio Vivere! basato sul romanzo di Yu Hua, La storia di Qiu Ju, vincitore del Leone d'Oro al miglior film e della Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile o La triade di Shanghai, le cui scene di cabaret con Gong Li protagonista (qui il link) sono diventate famosissime.

Il ruolo che l'ha resa più nota è sicuramente quello del film Lanterne rosse del 1991, opera con cui la Cina si affaccia alla ribalta cinematografica. Il film, candidato anche agli Oscar, ha incontrato all’estero un buon successo ed è riuscito ad affascinare il pubblico con la sua drammaticità profondamente orientale.

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Gong Li, attrice feticcio di gran parte degli autori della quinta generazione (Zhāng Yìmóu e Chen Kaige in primis) è stata anche uno dei simboli della contestazione al regime comunista: spesso, infatti, ha dato voce e corpo a personaggi combattuti e fieri di donne, denunciando la discriminazione strisciante nella società cinese. “Avevo tre anni quando è cominciata la Rivoluzione Culturale. I miei genitori insegnavano all’università, ma le lezioni furono sospese e andarono a lavorare in fabbrica. Mio fratello e mia sorella maggiori, 17 e 16 anni, furono mandati nei villaggi come contadini. Io non dovevo più frequentare l’asilo: potevo rimanere con gli altri due miei fratelli e mi sembrava bellissimo. Fuori c’era sempre confusione, sventolavano le bandiere rosse, la gente urlava e cantava, invece la mia casa era così tranquilla, così vuota. Dei miei fratelli più grandi non avevamo notizie. Sono stata fortunata perché rivedevo i miei genitori ogni sera. Ma fu un disastro per gli intellettuali. […] Ho lavorato con tutti i grandi registi della “quinta generazione” cinese, a partire da Zhang Yimou e Chen Kaige, e questa generazione vuole mostrare il volto nuovo della Cina e delle sue donne. Perciò racconta le donne come una volta si faceva soltanto con i personaggi maschili: con intensità e profondità. Loro trattano i ruoli femminili come farebbero con quelli maschili, forse anche perché sanno che io ho questa forte personalità. Sanno che posso impersonare la forza delle donne, anche quando il contesto è difficile.

Nella  sua carriera Gong Li ha lavorato anche in blockbuster americani: Memorie di una geisha nel 2005, Miami Vice nel 2006 (anno in cui è anche uscito La città proibita di Zhang Yimou dove lei è protagonista al fianco di Chow Yun-Fat), Hannibal Lecter nel 2007 e sarà presente in Mulan, live-action della Disney in uscita nel 2020.

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Negli ultimi anni non ha accettato molti dei ruoli che le sono stati proposti e ha più volte mosso critiche verso la produzione cinematografica cinese degli ultimi periodi. “Il mercato cinematografico cinese non riesce a uscire dall’influenza americana e Hollywoodiana. Da molto tempo non vedo un film cinese di alta qualità e gli unici film cinesi che gli occidentali cercano sono quelli che parlano del nostro passato. I produttori cinematografici cinesi non dovrebbero focalizzarsi esclusivamente sull’intrattenimento. Alcuni film dovrebbero essere in grado di purificare l’anima degli spettatori. Gli argomenti trattati sono sempre gli stessi e quello a cui spesso prestano attenzione sono solo i numeri, i soldi, lasciando in secondo piano la qualità e il valore dei messaggi trasmessi.”

Uno degli ultimi film di maggior successo di Gong Li è stato Lettere di uno sconosciuto del 2014 (avente come regista sempre Zhang Yimou), accolto con entusiasmo sia dal pubblico che dalla critica. «Ho accettato il ruolo proprio perché è molto difficile: era una sfida che non potevo non cogliere. A me le sfide piacciono molto. Questa parte mi è costata un grandissimo sforzo: abbiamo avuto soltanto quattro mesi per girare, quattro mesi per me per calarmi in questa donna che perde tutti i suoi ricordi. Ma avevo un regista meraviglioso accanto, Zhang Yimou, e un copratogonista altrettanto straordinario. È la squadra che costruisce la storia e i personaggi, tanto più in così poco tempo. Per prepararmi alla parte ho passato un mese in un ospedale per malati di mente. Volevo capire come vivono, agiscono, si comportano le persone che perdono la memoria. Ma questa resta una storia d’amore, e l’amore va oltre qualunque tempo e qualunque luogo. L’amore non cambia».

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Nel 1999 anche i Red Hot Chili Peppers hanno scritto una canzone intitolata proprio Gong Li.

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