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Cinese semplificato Vs Cinese tradizionale

Cinese semplificato Vs Cinese tradizionale


Quali sono le differenze? Come si è arrivati ad avere due sistemi di scrittura? Che effetto ha avuto sulla lingua cinese?

Come abbiamo già avuto modo di dire in alcuni dei precedenti articoli, i caratteri semplificati sono quelli attualmente in uso nella Cina continentale, mentre quelli tradizionali vengono usati a Taiwan, Hong Kong, Macao e nelle principali comunità di cinesi all’estero. Quando si parla di cinese semplificato e tradizionale, si fa riferimento esclusivamente alla grafia della lingua scritta. Per capirci, non esiste un cinese parlato semplificato e un cinese parlato tradizionale. La lingua cinese standard è una e i suoi caratteri possono essere scritti in due modi diversi.

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Breve storia della semplificazione dei caratteri.

I caratteri cinesi risalgono a tempi leggendari. A seguito dell’unificazione del primo impero (221 a.C.) e grazie alle riforme dell’imperatore Qin Shi Huang 秦始皇, la scrittura venne unificata e codificata. I caratteri cinesi furono accuratamente regolamentati e le loro componenti vennero definite con estrema precisione. Storicamente, i caratteri cinesi hanno aiutato a mantenere un’unica identità fra i diversi gruppi etnici e le diverse comunità linguistiche in una nazione grande quasi quanto tutta l’Europa; furono usati come lingua franca anche tra i letterati di nazioni non-cinesi. Anche se certi stili calligrafici o epistolari ricorrevano all’uso di abbreviazioni o di semplificazioni secondo il gusto personale di chi scriveva, le forme ufficiali rimasero inalterate fino al ventesimo secolo. Fu allora che avvenne questo grande cambiamento (e a detta di molti una grave profanazione) della millenaria scrittura tradizionale cinese.

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Nel ventesimo secolo la Cina fu protagonista di guerre e rivoluzioni culturalmente devastanti. L’ultima dinastia imperiale Qing (1644-1911) collassò e venne rimpiazzata da una repubblica in conflitto con i signori della guerra per il governo del Paese. Cercando di capire quali fossero le debolezze della Cina, alcuni intellettuali diressero la loro frustrazione verso la stessa cultura tradizionale cinese, la quale venne travolta da un grande fervore progressista divampato negli ambienti accademici e letterari. Tra questi studiosi, Fu Sinian 傅斯年 chiamò i caratteri cinesi la scrittura di  niúguÇ shéshén 牛鬼蛇神, ovvero di demoni e mostri (termine utilizzato anche per indicare gli intellettuali traditori della rivoluzione). È di Lu Xun é²è¿…, uno dei più stimati scrittori cinesi del ventesimo secolo, la dichiarazione: HaÌ€nzì buÌ€ mieÌ€, ZhoÌ„ngguoÌ bì waÌng! 漢字ä¸æ»…,中國必亡 “Se i caratteri cinesi non verranno distrutti, la Cina perirà”.

Dopo la nascita della Repubblica Popolare Cinese, gli esponenti del Partito Comunista si adoperarono tempestivamente per l’attuazione di una radicale e sistematica riforma della scrittura, contro la quale però si schierarono anche molti altri intellettuali. Tra i più noti vi fu Chen Mengjia  é™ˆæ¢¦å®¶, studioso e famoso archeologo che si oppose alla semplificazione, finendo etichettato come reazionario e mandato in un campo di lavoro nel 1957. Lo stesso Mao Zedong 毛泽东 impersonò da subito il fautore della necessità di riformare la scrittura cinese, affermando già nel 1940 che la lingua doveva cambiare per avvicinarsi al popolo. Dal 1952 (anno in cui venne istituito il Comitato di ricerca per la riforma della scrittura cinese), furono tantissime le riforme ortografiche e i processi di semplificazione portati avanti. Alcuni di questi furono oggetto di aspre critiche da parte degli studiosi. Data l’eccessiva semplificazione a cui i caratteri erano andati incontro, iniziarono a verificarsi tra la popolazione fenomeni quali l’uso improprio dei grafemi, e fraintendimenti nell’interpretazione del loro significato.

Il 5 giugno del 2013 venne ufficialmente pubblicata la tÅngyòng guÄ«fàn hànzì biÇŽo通用规范汉字表 “Lista dei caratteri standard comunemente usati”. Questa pubblicazione, non solo sostituì tutti i precedenti repertori di caratteri, ma ad oggi rappresenta l’unico standard di riferimento nella Cina continentale per quanto riguarda la scrittura.

Reazioni alla semplificazione

La reazione del popolo alla semplificazione dei caratteri fu spaccata a metà. Parte della popolazione cinese fu entusiasta, riscontrando una scrittura manuale più veloce e molte meno difficoltà nell’apprendere i caratteri, i quali risultavano più nitidi anche nei testi stampati. L’ondata di semplificazione spinse anche le persone a farsi portavoce di cambiamenti originali nella grafia, ben presto dimenticati in quanto non riconosciuti e non inseriti in alcun testo scritto, inclusi i vocabolari. Non erano pochi però quelli stanchi a questi continui cambiamenti a cui doversi adattare, non riuscendo più a comprendere quale fosse la forma corretta del carattere da utilizzare. Le proteste non tardarono a farsi sentire, erano tanti coloro infatti che vedevano cambiare così la grafia del proprio nome o del proprio cognome. Le critiche erano rivolte anche all’allontanamento dalla scrittura tradizionale, che avrebbe reso molti testi antichi sempre più incomprensibili e lontani dai giovani. Fortunatamente, non furono così tanti i caratteri che cambiarono tanto da diventare irriconoscibili (come fecero per esempio huá è¯ / åŽ e cóng å¢ / ä¸›). Molti caratteri, nonostante avessero subito un processo di semplificazione, rimasero simili alla loro versione originale e quindi comprensibili anche a chi aveva studiato solamente i caratteri semplificati.

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Nelle comunità in cui i caratteri tradizionali sono ancora usati, i caratteri semplificati vengono fortemente associati al maoismo e all'iconoclastia. L’uso dei caratteri tradizionali  è un modo per conservare una forte identità culturale nazionale e, in queste aree, agli studenti delle scuole viene fortemente scoraggiato l'utilizzo di quelli semplificati.

I dibattiti sui caratteri vanno avanti da tantissimi anni e continueranno ad esserci ancora per un bel po’. Spesso le due parti si attaccano con argomentazioni simili: chi sostiene che i caratteri semplificati siano più semplici da imparare è a sua volta attaccato da coloro che affermano il contrario, ovvero che quelli tradizionali non sono tra loro così simili come quelli semplificati e la loro importante componente grafica aiuta molto nella memorizzazione. Il carattere di tartaruga, guÄ«, ricorda graficamente molto di più l’animale indicato nella sua versione tradizionale 龜, piuttosto che in quella semplificata: 龟. Questo stesso carattere, come possiamo vedere nell’immagine sottostante, è protagonista di una frase diventata celebre sul web a difesa dell’utilizzo dei caratteri semplificati: occorre infatti molto più tempo e memoria per scriverla in cinese tradizionale.

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È anche vero che molti caratteri diventano “vuoti” nella loro versione semplificata: esempio famoso è quello di ài 爱/æ„› “amare”, che perde la componente del cuore. In Cina continentale è comunque possibile imbattersi abbastanza di frequente in caratteri tradizionali: quest’ultimi vengono infatti apprezzati soprattutto da un punto di vista estetico, venendo utilizzati spesso nelle insegne dei negozi, nelle pubblicità, nelle marche e nella calligrafia. Vi sono studiosi che chiedono un ritorno alla scrittura tradizionale nella Cina continentale; del 2009 è inoltre la richiesta di Taiwan di fare diventare i caratteri tradizionali patrimonio dell’umanità. Altri, dato che comunque anche nel cinese semplificato vi sono numerosi caratteri composti da molti tratti, ritengono necessaria un’ulteriore semplificazione.

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Entrambe le due opzioni sono, a mio parere, poco probabili. I caratteri che conosciamo oggi sono quelli con cui sono cresciute tutte le nuove generazioni di cinesi e, oltre ad essere stati protagonisti di una forte alfabetizzazione della popolazione, sono quelli che erano presenti quando la Cina si è aperta al mondo. Il cinese che si studia all’estero è nel 90% dei casi quello semplificato. La buona notizia è che, dopo essere arrivati a una buona conoscenza di questi caratteri, gli sforzi per imparare a comprendere quelli tradizionali non sono eccessivi. Una volta imparati quelli completamente diversi e aver identificato i vari radicali nella forma non semplificata, il gioco è fatto.

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